“TRATTAMENTO DI ACQUE REFLUE DI TINTORIA TESSILE MEDIANTE SISTEMA DI FITODEPURAZIONE”. Premessa Qualsiasi fase di nobilitazione, che sia di preparazione, di tintura, di stampa o di finissaggio produce, tra gli altri, un rifiuto composto da acqua sporca. Se nel passato lo scarico avveniva libero, ai giorni nostri, la crescente e corretta attenzione alla cura e al mantenimento dell’ambiente, impone il trattamento delle acque, per far si che lo scarico abbia il minor impatto ambientale possibile. I primi riferimenti normativi sono del 1976. Esperienza “extrano” con il suo reparto di tintoria e finissaggio è una azienda che, subentrata al reparto di nobilitazione della “fintessile spa”, opera nel campo della nobilitazione tessile. Lavora principalmente la seta ma anche altre fibre naturali come lana, lino e cotone e le artificiali come viscose e modal, non disdegnando alcune sintetiche come aramidiche e polipropilene, fibre che sebbene meno nobili necessitano comunque di particolari attenzioni. Extrano è dotata di un proprio depuratore per il trattamento delle acque reflue. Nell’ottica di migliorare il proprio scarico, con una particolare attenzione all’intero processo (energia, gestione impianto, fanghi, eco-sostenibilità) “extrano” ha scelto di implementare il suo impianto di trattamento chimico fisico con delle vasche di trattamento naturale. Nasce quindi l’idea di un impianto di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue di tintoria. La fitodepurazione è un trattamento biologico basato su una ricostruzione semplificata di un ecosistema naturale. Vi sono due tipologie di impianti: a flusso orizzontale (FDO) e a flusso verticale (FDV). I primi ricostruiscono ambienti umidi, ossia saturi d’acqua con vegetazione tipica composta da piante quali Phragmites, Typha o Iris, in essi il refluo si mantiene di sotto alla superficie con un flusso sub-superficiale. Nei secondi invece il refluo attraversa il letto, ovvero percola attraverso un terreno predisposto allo scopo. Il dimensionamento di questi impianti è basato sul carico organico giornaliero affluente. Le prime riflessioni risalgono al 2006, poi è un susseguirsi di studi, di ricerche e di contatti, per verificare se ciò che già era utilizzato in impianti civili ed agricoli poteva essere applicato anche in campo industriale e nello specifico nel campo tessile della nobilitazione. Nel marzo del 2007, fintessile spa ora “extrano srl” parte con un progetto di ricerca in collaborazione con l’Università di Udine (dipartimento di Agronomia) ed il Centro di Ecologia Teorica ed Applicata di Gorizia e, dopo una fase iniziale di ricerca documentale per definire lo stato dell’arte del sistema e per capire se esistevano altre esperienze di questo tipo, nel luglio dello stesso anno dà l’avvio alla costruzione di un impianto pilota per verificare il funzionamento pratico della teoria. Figura di impianto a flusso orizzontale Il lavoro di depurazione dell’acqua è realizzato dalle piante e dalla flora batterica che viene innestata nell’impianto stesso. La pianta si nutre delle sostanze presenti attraverso l’apparato radicale, la flora batterica ugualmente assorbe dall’acqua il suo nutrimento e trova come substrato di aggancio (per non essere dilavata dalla corrente d’acqua) sia il materiale inerte sia la parte radicale della pianta. L’impianto pilota che si decide di realizzare per il trattamento biologico delle acque di tintoria mediante fitodepurazione è del tipo a flusso verticale. L’impianto pilota è stato oggetto di monitoraggio giornaliero per circa un anno, al fine di determinare i valori di rimozione nelle varie condizioni ambientali e stagionali e con diversi carichi in ingresso. Dopo alcuni mesi di lavoro sono stati notati i primi risultati positivi ma anche alcune criticità, soprattutto in corrispondenza dei picchi di carico dell’inquinante. In conseguenza a queste osservazioni si è deciso di effettuare alcune modifiche affiancando alla prima vasca di trattamento una seconda vasca di affinamento ed una terza vasca da mettere in parallelo con dimensioni maggiori della prima, continuando poi con le analisi di controllo giornaliere. La durata complessiva del monitoraggio è stata di 12 mesi circa. Le analisi di monitoraggio sono state svolte dai tecnici interni dell’azienda con il coordinamento scientifico dell’Università di Udine. Nella pratica: a bordo dell’impianto industriale, è stata costruita una prima vasca di trattamento Figura 1/2/3 (fig.1,2,3) che veniva caricata con l’acqua proveniente dalla vasca di omogeneizzazione dell’impianto attivo. All’interno della vasca tubazioni e pompe creavano il flusso verticale componente fondamentale del programma di studio. Successivamente alle osservazioni sopra descritte sono state aggiunte altre due vasche (fig. 4/5/6). Delle tre vasche, due poste in serie (a cascata) la prima con una colonna di trattamento da 1 mt e la seconda con una colonna di trattamento di 0,70 mt, la una terza vasca posta in parallelo, per alimentazione, alle prime due con una colonna di trattamento di 1,8 mt . Figura 4/5 Figura 6 Alla fine della circolazione nell’impianto pilota, l’acqua ritornava nella vasca principale (per evitare in questa fase la richiesta di autorizzazioni a scarichi supplementari, necessari per legge se lo scarico fosse stato portato direttamente all’uscita). Sono state effettuate analisi giornaliere per verificare le variazioni nella settimana, nel mese e nell’anno in funzione dei fattori climatici e della stagionalità operativa di “extrano”.(fig. 7,8) Figura 7 Figura 8 I risultati, qui rappresentati, sono andati oltre ogni più rosea previsione sia nell’abbattimento dei valori di C.O.D. e B.O.D. sia nell’abbattimento dei valori dei tensioattivi, evidenziando un miglior risultato sul trattamento a doppia vasca rispetto alla vasca singola.(fig. 9,10) In questa fase di studio, parallelamente alla tipologia dell’impianto è stato condotto uno studio sulla specie arborea più adatta a questa applicazione. Sono state scartate a priori le specie arboree più ingombranti (cespugliose e legnose) per evitare il problema dello smaltimento successivo di quanto prodotto dall’impianto, che non è più frazione vegetale ma rifiuto industriale “speciale” in quanto prodotto da un impianto di depurazione e come tale da gestire con stoccaggio in aree riservate, registrazione negli appositi registri e smaltimento in discarica autorizzata con trasporti effettuati su automezzi idonei ed autorizzati. Lo studio è stato quindi indirizzato alla piantumazione di specie erbacee che si potessero tagliare frequentemente senza obbligo di raccolta, lasciando sulla superficie dell’impianto a macerare e marcire i resti del taglio ed evitando di conseguenza la produzione di questo tipo di rifiuto. L’Università di Udine ha quindi approfondito gli aspetti relativi allo sviluppo vegetazionale ed in particolare del sistema radicale, di tre diverse tipologie. Messe a dimora in particolari camere costruite con lo stesso substrato dell’impianto ed alimentate sempre con l’acqua dell’impianto industriale, andando alla fine a definire la specie che meglio si era adattata e meglio aveva sviluppato l’apparato radicale.(fig.11,12,13) In base ai risultati ottenuti dall’impianto pilota, è stato dimensionato e progettato l’impianto industriale dimostrativo di fitodepurazione di “extrano”. Il progetto è stato curato dallo Studio Verdeaqua del dott. agr. Massimo Vecchiet, collaboratore del CETA (Centro di Ecologia Teorica ed Applicata di Gorizia). A seguito dell’ottenimento delle autorizzazioni necessarie, nella primavera del 2009 è stata avviata la costruzione dell’impianto. Lo schema dell’impianto è il seguente: -vasca di accumulo -sedimentatore -1° bacino di fitodepurazione: mt 14 x 9 x 2,20 -2° bacino di fitodepurazione: mt 12 x 9 x 1,30 Alle operazioni di battitura delle quote, sono seguite le operazioni di scavo per la creazione di due vasche. Una volta realizzate le fosse, si è passati alla stesura di un primo strato di tessuto non tessuto per garantire una maggiore protezione al telo impermeabile, saldato a caldo in laboratorio e steso in una fase immediatamente successiva alla stesura del TNT. A seguire si è iniziata la posa e la costruzione dell’impianto idraulico di base per la diffusione sul fondo del refluo e la sua relativa captazione secondo il processo elaborato. Una volta ultimata la parte idraulica si è iniziato il riempimento delle vasche con materiale inerte di diversa granulometria, di maggiori dimensioni sul fondo e di dimensioni minori sulla parte alta della vasca. Tale riempimento ha richiesto l’uso di circa 400mc di materiale inerte, che si calcola sviluppino una superficie filtrante di 600m2 per ogni mc di inerte, quindi 240.000 m2 cui andranno ad aggiungersi circa 200m2 per ogni mc di apparato radicale sviluppato. A riempimento concluso, dopo aver correttamente livellato la superficie è stato costruito e posizionato l’impianto idraulico di distribuzione superficiale del refluo. Si è quindi effettato un collaudo con relativo controllo dell’impianto per verificare l’omogenea distribuzione del refluo su tutta la superficie dell’impianto, a questo punto le tubazioni sono state ricoperte con un ulteriore strato di alcuni centimetri di materiale inerte per una protezione termica dell’impianto stesso. Ultimata la sistemazione del materiale inerte, sono state messe a dimora le oltre 2500 piantine preparate in serra dai tecnici dell’Università, è stata innestata la flora batterica ed è stato avviato l’impianto. L’impianto così costruito è in grado di trattare correttamente 10.000/12.000 lt/h di refluo. E’ stata riavviata una campagna di campionature giornaliere e ancora una volta i risultati ottenuti dalle analisi sono stati ottimi. Concludendo: i risultati di questo periodo operativo dell’impianto di fitodepurazione per il trattamento dei reflui di tintoria sono i seguenti: 1. Trattamento adeguato dei reflui di tintoria con raggiungimento dei limiti richiesti per lo scarico in corpo idrico superficiale con eliminazione dell’impiego di flocculanti e carboni attivi, una volta necessari per il raggiungimento di risultati operativi accettabili per lo scarico su acque superficiali. 2. Ridotta manutenzione e gestione biologica dell’impianto. 3. Costi contenuti di gestione. 4. Ridotti consumi elettrici. 5. Assenza di produzione di fanghi di supero come già evidenziato. © extrano srl